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Adagiato sulla riva destra della Moesa, tra le pendici che annunciano la Val Mesolcina e l’apertura verso Bellinzona, Lumino è un luogo dove il paesaggio e la memoria si confondono. Qui la storia non si legge solo nei documenti, ma nelle vie, nei prati e nella voce del fiume che accompagna da secoli la vita del villaggio. |
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Origini e toponimo Il nome di Lumino compare per la prima volta nel 1168 come Lugomini (Archivio diocesano di Como). Gli studiosi ritengono che derivi da lugminaria, termine che indicava terreni soggetti alla decima ecclesiastica, forse legati ai possedimenti della mensa vescovile di Como. Nel corso dei secoli il toponimo mutò più volte – Lugomino, Lummin, Lumino – ma mantenne sempre il riferimento a un territorio agricolo e religioso, segnato dal ritmo dei campi e dalla vita della parrocchia di San Mamete, documentata già nel 1237 (Archivio parrocchiale di Lumino). |
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Il Medioevo Durante il Medioevo, Lumino era un piccolo centro agricolo legato alle terre della diocesi comense. La popolazione viveva di coltivazioni, pascolo e allevamento, organizzata in comunità solidali e autosufficienti. Le relazioni con i paesi vicini – in particolare Castione e Monticello – erano frequenti, ma non prive di tensioni, specialmente per la gestione dei pascoli e delle acque (Archivio cantonale ticinese). La chiesa di San Mamete fungeva da riferimento spirituale e civile, ospitando non solo le funzioni religiose ma anche riunioni della comunità, testimoniando la centralità della fede e del senso civico nella vita quotidiana. |
L'età moderna (XVI-XVII) Nei secoli successivi, Lumino condivise la sorte politica del contado di Bellinzona, trovandosi spesso al crocevia tra le influenze lombarde e grigionesi. Il confine con la Mesolcina fu oggetto di dispute e venne definito stabilmente solo nel XVIII secolo (Atti del Consiglio di Valle). In questo periodo il villaggio consolidò la propria struttura sociale, con famiglie come i Bertossa, i Filippini e i Censi, attive nell’amministrazione comunale e nella vita religiosa. La chiesa, ampliata e decorata, divenne simbolo dell’identità locale e punto d’incontro tra fede e tradizione. |
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Dall'Ottocento al Novecento Con l’Ottocento, Lumino visse una progressiva apertura verso la pianura e la città. Le vie di comunicazione migliorarono, favorendo gli scambi commerciali e il pendolarismo verso Bellinzona. La popolazione, ancora prevalentemente contadina, iniziò ad affiancare alle attività agricole piccoli laboratori artigianali e botteghe, mentre l’emigrazione temporanea offriva nuove esperienze e competenze (Fonti orali locali). Nel corso del Novecento il villaggio si espanse lungo la Moesa, ma mantenne il carattere di comunità raccolta e coesa. Le scuole e le associazioni parrocchiali contribuirono alla formazione culturale e civile delle nuove generazioni. |
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Lumino fino agli anni Ottanta Tra gli anni ’50 e ’80, Lumino attraversò una fase di profondo cambiamento. La costruzione di nuove abitazioni e l’apertura di piccole industrie trasformarono il tessuto urbano e sociale, senza cancellare il legame con le radici rurali. La Moesa, un tempo temuta per le piene, divenne un elemento paesaggistico valorizzato, mentre i monti circostanti conservarono la memoria del lavoro agricolo e dell’alpeggio. Non mancarono discussioni di vicinato sui confini e la gestione di alcune aree comuni con Castione, ma il dialogo tra le comunità contribuì a definire in modo stabile i limiti territoriali e a rafforzare la collaborazione locale (Atti comunali di Lumino, 1965–1980). |
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Fino agli anni Duemila Tra gli anni Ottanta e Novanta il paese si trasformò in un luogo scelto da molte famiglie attratte dalla quiete e dalla vicinanza con Bellinzona, con un pendolarismo crescente e una popolazione in aumento (Dizionario storico della Svizzera). Nei decenni successivi, Lumino consolidò servizi e associazioni, rafforzando la propria identità civica attraverso iniziative culturali, sportive e scolastiche. Parallelamente, il Comune elaborò piani regolatori e strumenti di tutela del territorio, valorizzando il nucleo storico e i beni architettonici come la chiesa di San Mamete, custoditi con cura. |
Ad oggi Dagli anni Duemila, il paese vive una crescita armoniosa: case nuove, spazi pubblici e percorsi lungo la Moesa si intrecciano con la memoria delle corti antiche. La periurbanizzazione ticinese raggiunge Lumino, ma la comunità riesce a conservare equilibrio e misura, scegliendo di crescere senza snaturarsi. Gli anni 2010 e 2020 portano nuove sfide e opportunità: progetti ambientali di rinaturazione fluviale, iniziative di mobilità dolce come la pista ciclabile Lumino–Grono (2024), collaborazioni intercomunali che rafforzano i legami di valle. |
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Oggi Lumino supera i milleseicento abitanti, ma resta fedele a sé stessa: paese accogliente, animato da volontari, società musicali e culturali, dove il ritmo del fiume e quello della vita si richiamano a vicenda. Nelle sue vie si avverte ancora la voce delle generazioni passate, e nel paesaggio, tra l’acqua e i monti, il riflesso di una storia che non si è mai interrotta. Così, mentre la Moesa continua a scorrere, Lumino rinnova ogni giorno il suo patto con la memoria: crescere nel presente, custodendo la luce del suo nome. |
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